Home
I-DEA, da Mario Cresci a Formafantasma, in mostra gli archivi lucani

Con il progetto I-DEA la potenza degli archivi viene espressa in forme sperimentali e contemporanee in uno degli spazi espositivi più all’avanguardia tra i luoghi di Matera 2019: l’hangar Paradiso, situato nell’omonima cava alle porte della città.
Il fotografo Mario Cresci con la mostra “Le Due Culture. Artefatti e Archivi” ha inaugurato il 22 marzo questo straordinario itinerario artistico basandosi su un processo di ricerca che ha fatto emergere un Meridione e una regione del tutto nuovi. Con un materiale d’archivio che
ha incluso fotografia, artigianato, scienza e macchine, Cresci ha suggerito una rappresentazione del territorio dalla seconda metà del XX secolo ai primi decenni del XXI secolo con Leonardo Sinisgalli e Mimmo Castellano, le sculture in legno di Di Trani e suo figlio, fino alla rivisitazione della preistoria di Gianfranco Lionetti e al suo archivio personale.
La mostra di Mario Cresci ha lasciato spazio a "Visione Unica: Cultures of Environmental Manipulation” a cura dello studio Formafantasma. Inaugurata l’8 giugno, continuerà fino al 15 settembre. I due designer di Studio Formafantasma sono tra i più interessanti nel panorama internazionale del design e hanno proposto per I-DEA una video-installazione formata da 5 proiezioni, 10 schermi digitali ed una ristretta selezione di oggetti vernacolari.
Distribuiti nello spazio come a comporre un panorama percepibile nella sua totalità, e posti all’ingresso della mostra, gli schermi e i loro contenuti possono essere letti dal visitatore sia in maniera individuale sia come parte del tutto. Visione Unica pone l’accento sull’antropizzazione del territorio, ovvero sugli interventi che l'uomo fa per dare forma all'ambiente in cui vive. Una delle caratteristiche principali delle mostre di I-DEA è quella di mantenere alcuni elementi delle precedenti. Per Visione Unica dello Studio Formafantasma i curatori hanno deciso di lasciare in mostra gli “intagliati” a mano di Giovanni e Giuseppe Di Trani, guardiano del Museo Ridola a Matera durante gli anni 60 e 70, che rappresentano
figure umane legate alla natura, al reale e alla vita contadina.
Gli allestimenti sono stati realizzati da Open Design School grazie al contributo di Bawer SPA, bronze partner di Matera 2019.
I-DEA è curato da Joseph Grima ed è uno dei progetti pilastro di Matera 2019: un esperimento che vede gli archivi e le collezioni come degli organismi viventi attraverso i quali interpretare le complessità stratificate della storia di Matera e della Basilicata. Cinque artisti e designer si alterneranno all’Hangar Paradiso lasciando in eredità nello spazio espositivouna parte della mostra precedente, per dare così continuità al processo di riscoperta del nostro grande patrimonio culturale.
Inaugurata “La Poetica dei numeri primi”, un weekend di arte e spettacoli sulle tracce di Pitagora

La bellezza senza tempo dei numeri e le relazioni della matematica con l’universo dell’arte. L’essenza de “La Poetica dei numeri primi” passa attraverso i contenuti della terza grande mostra di Matera 2019 con la direzione scientifica del matematico Piergiorgio Odifreddi e le installazioni di Open Design School. Questo straordinario percorso nell’arte dei numeri prodotto con il Polo Museale della Basilicata è cominciato dal Museo Archeologico Nazionale di Metaponto con le mostre “Numeri nel tempo. Contare, misurare, calcolare” a cura di Claudio Bartocci e Luigi Civalleri e “Riempire il vuoto. Le simmetrie da M.C. Escher ai contemporanei” a cura di Federico Giudiceandrea. Da Metaponto fino a Matera, dove Palazzo Acito ha riaperto domenica 23 giugno per dare vita tre alle mostre che lo compongono."Numbers", con opere di Ugo Nespolo, che ha da sempre messo in scena immagini connesse alla matematica e dunque alla ragione,"Elementi di calcolo trascendentale" con opere di Tobia Ravà, un approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri; "Computed Art", con opere di Aldo Spizzichino, intrise di matematica, con una indicibile profondità.
Tre sguardi, tre diversi percorsi che indagano la stretta relazione fra arte e matematica. Circa 1.500 persone hanno invece partecipato nella cornice unica dell’anfiteatro dell’area archeologica di Metaponto alla grande “Notte con Pitagora” sabato 22 giugno. Un evento speciale che ha visto la performance teatrali degli attori David Riondino e Valeria Solarino che hanno rispettivamente interpretato, su un testo originale scritto da Piergiorgio Odifreddi, Pitagora e Ippazia con intermezzi musicali della pianista Alessandra Celletti. A seguire l’immenso Piero Angela, la vera star della serata, ha tenuto la conferenza biografica “Scienza e tecnologia nella società moderna”, soffermandosi sui temi chiave della comunicazione, della denatalità e dell’invecchiamento.
La lunga notte è continuata con una straordinaria lezione di Guido Tonelli che ha spiegato le origini delle stelle accompagnato dalla violoncellista Eleuteria Arena. All’alba poi il risveglio muscolare con la lezione di Yoga di Rosalia Stellacci e Andrea Stella e un suggestivo concerto della pianista Alessandra Celletti, che ha proposto il suo straordinario ultimo album prodotto in vinile e ispirato proprio ai numeri
pitagorici. Il lungo weekend si è chiuso con le due conferenze divulgative nell'Auditorium dell'Università degli studi della Basilicata: "Numeri primi e loro applicazioni" con il matematico inglese Ian Stewart e il reading "Le avventure matematiche" del premio Nobel per la Letteratura John Maxwell Coetzee, intervallato dalla lettura di alcuni brani a cura di Piergiorgio Odifreddi.
Il rapporto tra uomo e Natura al centro di dialoghi e performance contemporanee

- Campo aggiuntivo 5:
Credits foto: Salvatore Laurenzana
La danza contemporanea e le arti performative sono state le protagoniste di questa prima parte di Petrolio, il progetto co-prodotto da Basilicata 1799. Dall’11 al 23 giugno spettacoli e performance site specific al centro di una conversazione sulle grandi questioni aperte dell’Antropocene, l’era geologica in cui il comportamento dell’uomo è direttamente responsabile degli equilibri ecologici e di una nuova dimensione della convivenza.
Produzioni originali, prove aperte e incontri con gli artisti traducono il tema del rapporto tra uomo e Natura in una nuova estetica. Lo sguardo, il pensiero e le azioni si modificano; non più l’uomo al centro dell’Universo, ma la Natura che comincia ad avere la sua importanza reale.
Le performance si sono tenute in uno scenario naturale e senza luci teatrali tra il prato, il bosco e il terreno del Parco del Castello Tramontano di Matera scelto per la sua “postura” più che per la sua architettura. Sono quasi tutti spettacoli senza perimetri definiti: la differenza la fa il modo in cui il pubblico e i performer interagiscono con lo spazio.
Si comincia con la sezione Giacimenta curata da Francesca Corona e Michele Di Stefano che con quattro percorsi di produzione artistica concepiti come un esercizio di sguardo e un modello di scavo, cercano una complicità totale tra artista e territorio, tra i luoghi e le persone. Sono coreografi di fama internazionale quelli selezionati per questa sezione che gioca con le stratigrafie geologiche, sociali e umane.
Il primo è il Leone D’Oro alla Carriera Alessandro Sciarroni considerato fra i più rivoluzionari della scena europea. Partendo dall’osservazione dei fenomeni migratori degli animali, l’artista lavora sul concetto di “turning”, non solo nel suo significato di girare, ma anche cambiare, evolvere. I corpi ruotano attorno al proprio asse in un viaggio psicofisico emozionale.
Sciarroni mette un elemento al centro del processo creativo ripetendolo fino a renderlo un’ossessione e usa la tecnica della danza classica per parlare d'altro. In modo inconsueto anche i ragazzi volteggiano all’infinito sulle punte. Per la versione materana di Turning il coreografo ha selezionato cinque danzatori con una call lanciata a novembre.
Un’altra artista, performer e coreografa di fama internazionale che rientra nella sezione Giacimenta è la cipriota Maria Hassabi. I suoi spettacoli sono momenti dall’alto valore simbolico che mettono in relazione le tensioni e le pulsioni tra ambiente e individuo in una dimensione temporale dilatata e rituale. Movimenti minimali e una gentile lentezza che diventano suggestione al bisogno di rallentare e ad un modo differente di percepire il flusso delle cose.
Figures (2019) è il lavoro sensibilissimo, complesso e sofisticato della Hassabi che per la prima volta ha scelto di far incontrare la sua modalità di lavoro ad un gruppo di ragazze molto giovani selezionate con una call lanciata a maggio. Sono 10 le ballerine scelte provenienti dal territorio lucano che si sono cimentate in questa straordinaria esperienza confrontandosi con una professionista che ha portato i suoi lavori in teatri, musei e spazi pubblici di tutto il mondo tra cui il MoMa di New York, il Pompidou di Parigi e il Walker Art Center di Minneapolis.
A chiudere il primo weekend di performance è la coreografa Silvia Rampelli che in un laboratorio di preparazione ha proposto attività di movimento, azione e danza a persone di età avanzata. Una volta alla settimana gli ospiti della casa di riposo Brancaccio di Matera si sono messi in gioco in una delicata quanto a loro sconosciuta disciplina abbracciando con grande apertura un piccolo processo sul respiro, sullo stare insieme, sulla percezione e lo sguardo. Con Child’s portrait ci chiediamo: dove siamo? Quando siamo? Cosa ci circonda?
Ultimo percorso artistisco di questa sezione sono Le Merende di Industria Indipendente collettivo artistico e di ricerca principalmente dedito alle arti performative, teatrali e visive. Le Merende hanno occupato lo spazio con un principio di condivisione, gratuità e offerta per modellare la pratica artistica. Un luogo trasformato in un habitat naturale in cui trovare ristoro tra una perfomance e l’altra e animato dalla presenza di tutti e da un caldo dj set.
Nel secondo weekend ad aprire la sezione Sedimenti la performance di danza contemporanea, musica dal vivo e dj set WHO CARES? | Ecologia del dialogo. Con un progetto di co-creazione i quattro giovani coreografi Bassam Abou Diab, Yeinner Chicas, Olimpia Fortuni e Leonardo Maietto provenienti da diverse sponde del Mediterraneo e i due musicisti Ayman Sharaf e Stefano Zazzera fanno del proprio incontro il punto di partenza per la costruzione di una performance che ruota attorno alla tematica dell’Antropocene.
In scena prende forma un territorio immaginario mediterraneo, una geografia al di fuori da ogni toponomastica e etnografia possibile, che porta con sé le architetture e le tradizioni del Libano, dell’Italia e della Spagna da cui provengono gli artisti.
Oltre a performance, incontri con gli artisti e prove aperte per entrare in contatto con il processo creativo, si è dato il via anche ai dialoghi della sezione Pensiero geo-logico con l’esperto di filosofia ambientale Marcello Di Paola. Prossimi appuntamenti a settembre con lo studio di architetti, paesaggisti e giardinieri Volumezero, Bartolomeo Dichio, Alba Mininni, il filosofo Emanuele Coccia e il docente Gianfranco Pellegrino.
Purgatorio, i cittadini raccontano la costruzione di un’opera collettiva

Non un semplice atto partecipativo, ma un percorso che porti ogni cittadino a essere parte integrante dell’opera di Dante.
Questo doveva essere e questo è stato il Purgatorio, Chiamata Pubblica per la “Divina Commedia” di Dante Alighieri. Uno spettacolo realizzato dal Teatro delle Albe, diretto da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, che ha coinvolto non solo gli attori ravennati e quelli materani dello IAC, ma, soprattutto, centinaia di cittadini. L’idea alla base di tutto il progetto era quella di costruire una rappresentazione che facesse i conti con il presente, che avesse voglia di confrontarsi con quello che accade. Affrontando quell’opera mastodontica che è la Divina Commedia, Martinelli e Montanari hanno scelto di rifarsi a due tradizioni teatrali distinte e complementari: da una parte le sacre manifestazioni medievali, dall’altra il teatro di massa russo
del primo Novecento. E’ in questo approccio che risiede la forza di un percorso che ha permesso di superare la concezione classica della partecipazione, talvolta legata a un’amatorialità quasi rivendicata, per giungere a una fusione tra opera e cittadini.
Il Purgatorio è stato edificato sui cittadini, facendo in modo che ne fossero parte imprescindibile: senza di loro non avrebbe avuto ragion d’essere. Ecco perché era fondamentale seguire i protagonisti di questo percorso, carpirne speranze ed emozioni per apprezzarne, poi, l’evoluzione. Quattro cittadini, diversi per genere, età e provenienza, hanno deciso di raccontarsi e lasciarsi raccontare, durante la costruzione di questa performance collettiva.
Quello che emerge dalle parole di Tiziana, Maurizio, Antonella e Claudio, che hanno, insieme ad altre centinaia di cittadini, animato i cori del Purgatorio, è la forza
dirompente della coralità e, al tempo stesso, la funzione a tratti terapeutica del teatro, che consegna ai nostri protagonisti una nuova, serena, consapevolezza.