Matera 2019

La prestigiosa pubblicazione della Fondazione Monte Paschi di Siena interroga alcuni tra i maggiori operatori nazionali ed internazionali del mercato artistico, per far loro esprimere un proprio personale punto di vista sulle tendenze attuali del mercato, le aspettative future, le chance perdute. Nel numero di Giugno 2012 hanno dato la parola al nostro amico e sostenitore Alessandro Bollo, responsabile Ricerca e Consulenza Fondazione Fitzcarraldo, esperto di management della cultura, il quale, chiamato ad esprimersi sul tema "Capitali Europee della Cultura", riassume ciò che abbiamo potuto ascoltare dalla sua viva voce (e da quella del prof. Franco Bianchini) a Gennaio, durante gli incontri di "E io ci sto!". Si parla di ECOC, si parla di Matera, e di cosa vuol dire candidarsi.

La Capitale europea della cultura (CEdC) nasce nel 1985, da un’idea dell’allora ministro greco della cultura Melina Mercouri, con l’obiettivo di aiutare la convivenza e la conoscenza dei cittadini degli stati membri attraverso «l’espressione di una cultura che, nel suo divenire storico e nel suo sviluppo contemporaneo, fosse caratterizzata da elementi di comunanza e da una ricchezza derivante dalla diversità» (Commissione europea). Il titolo consente alla città designata, per il periodo di un anno, di realizzare un ampio programma di eventi artistici e culturali di portata europea, utilizzando la cultura come momento di celebrazione identitaria e come catalizzatore di sviluppo territoriale. L’evento si è evoluto significativamente nel tempo: da iniziativa prettamente festivaliera a opportunità per pianificare in modo organico l’insieme del territorio perseguendo, a seconda dei casi, strategie di riconversione e di riqualificazione urbana, di riposizionamento strategico, di marketing territoriale e di miglioramento del sistema di offerta turistico-culturale.

Sebbene l’iniziativa della CEdC duri circa dodici mesi, l’intero processo è molto più lungo e articolato e prende avvio già sei anni prima, a partire dalla fase di pre-selezione. Si tratta di un processo molto impegnativo già a partire dalla fase di candidatura, perché le città devono essere in grado di motivare la loro proposta non limitandosi alla presentazione di un palinsesto di attività culturali e artistiche, ma formulando una visione di prospettiva in merito al loro concetto di arte e di cultura, di società e di sviluppo, definendo obiettivi, livelli di governance e di gestione, budget, sistemi di valutazione ed eventuali interventi infrastrutturali che dovranno accompagnare e rafforzare l’offerta del territorio. Nel 2019 una città italiana diventerà Capitale europea della cultura assieme a una città della Bulgaria. Si tratta della quarta CEdC italiana dopo le esperienze di Firenze nel 1986, di Bologna nel 2000 e infine di Genova nel 2004. Sono numerose le città e i territori – Matera, Venezia, Ravenna, Bari, Siena, Perugia, Urbino, Lecce, Torino, Amalfi, Bergamo, Reggio Calabria e L’Aquila solo per citare le più accreditate - che stanno vedendo nel processo di candidatura una sfida reale per mettersi alla prova, scommettere sulle proprie ricchezze e sui talenti creativi per elaborare immagini credibili di futuro in cui l’arte e la cultura, come già avvenuto in altre epoche nella nostra penisola, possano rappresentare l’enzima capace di catalizzare e orientare energie e visioni che dovranno dare forma a nuovi modi di interpretare il rapporto tra locale e globale e tra creatività e sviluppo. Già in questa fase, le città dovranno operare su più fronti avviando, innanzitutto, le condizioni politiche di adesione concertata e condivisa al progetto da parte dei molteplici stakeholder, definendo gli obiettivi e le motivazioni alla candidatura, individuando le componenti tecnico-scientifiche e sviluppando un lavoro di coinvolgimento progressivo e allargato della cittadinanza. Un approccio “salutare” per affrontare questa fase iniziale dovrebbe essere quello di elaborare una visione strategica e un conseguente piano di azioni che consenta di ottenere risultati fin dalle prime fasi del processo, e che possa riverberare effetti ed esternalità positive di varia natura (culturali, sociali, simboliche, economiche) a favore del territorio anche in caso di esito non positivo della candidatura. In attesa di sapere a chi andrà il titolo.”