Matera 2019

Breve resoconto – per chi non c'era e per chi non ci ha seguito su Twitter – di ciò che più ci ha colpito della prima giornata degli Open Days 2011 a Matera.
Il tema in discussione nella prima sessione, moderata da Giorgio Zanchini di RadioTre, è cruciale, soprattutto per città candidate a capitale europea della cultura in un prossimo futuro: come possiamo discutere di cultura in un momento drammatico per l'Europa, letteralmente sull'orlo di un abisso? ha ancora senso discutere di investimenti sulla cultura?
Per Pierluigi Sacco, direttore di Siena2019, la risposta è decisamente SÌ. Il suo intervento, molto apprezzato anche dai molti liceali presenti in sala, si apre con la constatazione che pur essendo Siena "competitor" di Matera per ECOC 2019, le opportunità di collaborazione sono molte di più di quelle di competizione. È un concetto che ritroveremo in molti degli interventi della giornata.
Prosegue poi con alcuni concetti chiari e dirompenti.

1. Il problema dell'Europa oggi non è la spesa pubblica fuori controllo, ma la mancanza di crescita. Eppure ci sono esempi virtuosi, come quello della Polonia, che cresce in percentuale più della Cina. Se dimentichiamo questo – la necessità di crescita – rischiamo di essere travolti dalle nuove economie, che fanno della cultura e della istruzione in senso lato un punto determinante del loro sviluppo. Un investimento culturale, in questo senso, deve rivolgersi a chi ha oggi 17 anni, occorre dare agli studenti di oggi le chiavi per aprirsi il futuro domani, incoraggiandoli ad investire su se stessi, sulla propria istruzione, sul sapere, sulla conoscenza. In Corea addirittura l'eccessivo investimento dei giovani su se stessi è problema sociale. In Europa è l'opposto, l'Europa non ci crede.

2. Eppure non c'è mai stato un periodo favorevole come questo, per fare della Cultura un motore di sviluppo, per Sacco non c'è dubbio che la cultura sarà l'opportunità dei prossimi 10 anni. Nel paese di macerie che l'Italia è diventata occorre un nuovo "dopoguerra", una nuova ricostruzione. Investimento in cultura è la risposta. Perché?

3. Perché la cultura legata al welfare, alla coesione sociale, alla imprenditoria, al benessere individuale (anche questo conceto sarà ripreso più volte nel corso della giornata) non è "turismo culturale", non è evento, non è puro intrattenimento. Pensiamo all'impatto in termini culturali che può avere il patrimonio ambientale italiano, purchè i paesaggi non siano più usati solo come "sfondi di cartoline" ma come luoghi per nuove narrative digitali.

4. E questa sfida passa proprio per le citta italiane candidate a ECOC 2019. Che si vinca o no la competizione non è un punto importante. Importante è mettere a frutto gli investimenti concentrati sulle città candidate e tutto il ricco patrimonio di metodi, conoscenze, intelligenze mobilitate durante i tre anni di lavoro. Se da questo vengono fuori progetti buoni, debvono essere realizzati ugualmente, facendo rete fra le ciottà candidate, per progetti complessi e nazionali che mettano l'investimento in cultura al priomo posto come motore di sviluppo del paese.

Sulla stessa linea l'intervento di Paolo Rosa di Studio Azzurro. Gli operatori artistici e culturali non possono isolarsi, hanno la responsabilità di mettere le mani nel fango come tutti gli altri pezzi della società civile. Durante la crisi si deve inventare, creare, innovare, avere illuminazioni, non riapplicare il vecchio. La cultura ha il compito di disincagliare le sensibilità, rendersi disponibile al mondo. E questo perché l'arte e' rito, in cui la comunità si riconosce. L'Arte, in altre parole, deve generare identità. È quindi necessario ribaltare la necessità di spettacolarità nel suo contrario, che è l'esigenza di ripeigamento, di silenzio, di ricerca, di innovazione. Occorre che la cultura non sia più un paravento per pochi, una attività elitaria per eletti: in un momento di cirisi economica ed istituzionale, l'arte deve aprirsi alla semplicità "digitale" dei giovani.

Il concetto nuovo deve essere quello di "partecipazione culturale". Un esempio: durante la mostra FareItalia, svoltasi alle Officine Grandi Riparazioni di Torino nell'ambito di Italia150 e curata da Paolo Rosa, è successo che i giovani messi a fare i guardiasala si sono ritrovati ad essere veri e propri "registratori di storie", che i visitatori sentivano il dovere di raccontare loro, a proposito di questo o quell'evento nazionale illustrato nella mostra. Non è stato più il racconto della storia, ma una raccolta di storie.