Matera 2019


L'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. Matera 2019 è protagonista del rapporto Io sono Cultura (Fondazione Symbola - UnionCamere).
Il quinto rapporto sulle industrie culturali e creative anche quest'anno, infatti, evidenzia il peso della cultura nella nostra economia.

Di seguito riportiamo il testo integrale presente nel rapporto, scritto da Rossella Tarantino, Manager Sviluppo e Relazioni internazionali della Fondazione Matera-Basilicata 2019.


A Matera il futuro è open

A differenza dei vari percorsi che negli ultimi 50 anni hanno ribaltato in positivo l’immagine e la traiettoria di Matera, la peculiarità della sfida lanciata dal percorso di candidatura che ha portato Matera ad essere nominata Capitale Europea della Cultura per il 2019 sta nell’essere stata condotta anche con i cittadini di Matera e della Basilicata. Numerose ed efficaci le azioni messe in campo per mobilitare l’intelligenza collettiva di un numero crescente di cittadini, a fronte di un iniziale scetticismo e sfiducia nelle proprie capacità di azione. Lavoro possibile grazie ad un gioco di squadra che ha abilitato le risorse locali (imprese, istituzioni pubbliche, burocrazia, cittadini, istituzioni ed associazioni culturali, media) e valorizzato al meglio il loro apporto. Ponendo l’enfasi sulla dimensione collettiva e sociale della cultura e sul ruolo che i cittadini possono svolgere partecipando, attraverso di essa, al cambiamento e alla cura delle città, Matera prefigura un modello di cultura aperta, accessibile a tutti, grazie anche alle licenze aperte e a nuovi processi di apprendimento.

17 ottobre 2014, h.17.00. L’ora in cui nella prestigiosa Sala del Consiglio del Dicastero della Cultura sarà dato l’annuncio della città italiana che nel 2019 sarà la Capitale Europea della Cultura.
La delegazione dei 6 sindaci delle città finaliste (Ravenna, Siena, Perugia, Cagliari, Lecce e Matera) siede in prima fila di fronte al Presidente della Giuria Selezionatrice, i delegati della Commissione Europea ed il Ministro Franceschini, attorniata da un nugolo di telecamere e giornalisti. Nello stesso momento, a Matera, in piazza San Giovanni si svolge il Comunque vada party, organizzato dalla rete delle associazioni culturali lucane e dalle imprese che hanno sostenuto la candidatura. I cittadini gremiscono la piazza e le strade prospicienti e attendono il verdetto. Lo stesso accade a Potenza nel Teatro Don Bosco.

All’annuncio del Ministro Franceschini che legge il nome di Matera sul tablet di Steve Green – presidente della Giuria- i salti di gioia a Roma vanno all’unisono con le grida e gli abbracci della festa di Matera e Potenza. Una festa dal titolo così sfidante “comunque vada party” e l’immagine della piazza di Matera e del teatro di Potenza così stipata di gente dà la contezza di quanto la candidatura di Matera sia stata vissuta e sostenuta dai cittadini e di come sia stata un motivo di coesione della comunità lucana.

Come è riuscita Matera a superare un lungo percorso di selezione che si è configurato come uno dei più competitivi della storia delle capitali europee della cultura, sia per il numero di città partecipanti (21) che per la qualità della progettazione culturale ed urbana prodotta dalle concorrenti?
Si è trattato di un lungo percorso, intrapreso nel 2009 da un gruppo di cittadini che propone la candidatura di Matera e svolge azioni di sensibilizzazione rispetto ad un obiettivo che ai più appariva molto distante nel tempo.

La sfida viene colta a livello istituzionale dalla Regione Basilicata e dal Comune di Matera che decidono di coinvolgere le altre principali istituzioni regionali compresa l’Università di Basilicata, dando luogo ad un comitato di scopo dedicato alla preparazione della candidatura. Si forma così una piccola squadra ed un Comitato Scientifico che combina expertise europee e locali, per dar vita ad un progetto in grado di produrre effetti durevoli nel tempo e portare linfa vitale alla fortissima identità locale, con una nuova forma di sentire europeo internazionale. Il team, combinato ad una forte leadership istituzionale, riesce a mettere insieme le risorse territoriali, facendo sì che tutti possano dare il meglio di sé stessi.

“La giuria è stata colpita per come un’iniziativa partita dal basso sia diventata un aspetto centrale assunto formalmente nella pianificazione cittadina e regionale”*.
Tuttavia, il coinvolgimento dei cittadini non è stato semplice per una serie di ragioni: scarsa consapevolezza del valore della città e dei cittadini, crisi di immagine ed identità Europa, identità lucana debole, scetticismo sulla trasparenza del processo e sfiducia nelle proprie capacità di azione. Si decide così di cominciare con il lancio del Manifesto della community di Matera 2019: MATERA SIAMO NOI.

Il Manifesto esplicita l’approccio culturale di Matera 2019 e pone l’enfasi sulla dimensione collettiva e sociale della cultura e sul ruolo che i cittadini possono svolgere partecipando attraverso di essa al cambiamento e alla cura delle città. “Una città non è le sue strade, i suoi palazzi (…), nemmeno quando (…) è patrimonio culturale dell’umanità. Una città è tutte queste cose, più il sapere locale che consente di mantenere, adattare, evolvere, migliorare la sua infrastruttura. Di questi due elementi, quello fondante è il sapere locale. (…) La città – qualunque città – è software.” Evidenzia anche come l’apertura ed il confronto non sempre facile con l’Europa possa essere un’occasione di rigenerazione per accompagnare Matera nell’ennesima trasformazione in diecimila anni di presenza umana ininterrotta. “È venuto il momento di aggiornare il software che è Matera – cioè di crescere in quanto cittadini di Matera e del mondo. Di guardare oltre la Gravina, per vedere con occhi nuovi l’Europa, il Mediterraneo, il pianeta. Imparare tutto quello che possiamo; condividere il meglio che abbiamo. Ripensarci, senza soggezioni e senza preconcetti, ma anche senza perdere di vista la nostra identità. Se Matera siamo noi, siamo noi che dobbiamo condurre questo percorso; siamo noi che dobbiamo uscirne rigenerati”.

Il Manifesto apre una piattaforma web in cui si invitano tutti i cittadini a “portare insieme Matera nel 2019”, lanciando idee e progetti collaborativi, purché vi sia un impegno anche a realizzarli (“chi propone, fa”). I risultati di questa piattaforma collaborativa sono rilevanti: si iscrivono circa 500 cittadini ,si lanciano 250 missioni, molte delle quali danno luogo a progetti di cultura civica. Tale impegno ribalta una serie di luoghi comuni: “spetta sempre al comune o al governo fare”; “ho una bella idea, ma nessuno me la fa realizzare”; e soprattutto dà prova di progetti che non sono magnifiche idee solipsistiche, ma frutto di collaborazioni incrociate fra tante energie anche disperse geograficamente e spesso anche tra privati ed istituzioni. I due progetti esemplari a tale titolo sono: il Coderdojo che ha portato 1000 bambini delle scuole di Matera ad apprendere a programmare i giochi e non a utilizzarli in modo supino o quello dei Camminanti che a piedi da 8 luoghi della Basilicata hanno raggiunto Matera il giorno della visita della Commissione, coinvolgendo circa 1000 persone.

Contestualmente, sono state realizzate delle iniziative in loco volte a ampliare e diversificare la platea di cittadini dando loro la possibilità di “abitare la cultura”, spesso insieme ad artisti o hackers italiani ed europei. In tal modo, gli abitanti lucani hanno scoperto che la cultura non è ornamento o appannaggio di pochi, ma è un processo che si costruisce tutti i giorni insieme. Come hanno fatto i cittadini che hanno portato in scena il Vangelo secondo Matteo insieme a Virgilio Sieni, ridiscutendo addirittura la loro età, la loro corporeità, la loro relazione con l’altro e con il sé. Come hanno fatto i 5000 materani che hanno partecipato ai laboratori di quartiere insieme ai ragazzi del liceo artistico per dipingere altrettante bandiere reinterpretando il logo di Matera e lanciando la loro idea di Europa. Come hanno fatto gli abitanti di Matera coinvolti nella presentazione drammatizzata del dossier di candidatura da parte di Cresco (Passaggio 2019), sottoponendosi all’esame clinico di cittadinanza culturale fatto da giovani attori in camice di medico che non li interrogavano su Dante ma sul loro tasso di socialità e tolleranza. O interagendo con i braccianti extracomunitari che raccolgono i pomodori a Lavello, facendo incontrare passato (vita contadina dei braccianti lucani emigrati e non) e presente, perché la cultura ha a che fare con i diritti della persona. O come hanno fatto i materani delle periferie che su iniziativa della Sovrintendenza ai Beni Artistici hanno accolto per un giorno nel loro salotto buono restauratori che eseguivano il loro lavoro meticoloso su tele seicentesche mostrandolo a vicini e parenti che giungevano curiosi.

“La giuria ha apprezzato il lavoro con le istituzioni e le associazioni culturali esistenti tradizionali, e soprattutto la maniera in cui queste hanno già iniziato a modificare le loro pratiche. Questo approccio potrà avere un’ampia diffusione a livello europeo” .

Si è già detto del ruolo delle tecnologie digitali come fattore abilitante la partecipazione e la cittadinanza culturale, un approccio innovativo nella produzione e fruizione culturale, l’ampia visibilità di Matera 2019 sui social media. A tal proposito, va citata l’esperienza del gruppo di volontari del web che, guidati da alcuni esperti della comunicazione social, hanno portato Matera 2019 ad essere trending topic in più occasioni. Esperienza che è stata emulata da altre città finaliste e che si è tradotta anche in nuove opportunità professionali a livello anche nazionale per i volontari stessi. “La giuria ha apprezzato la grande attenzione dedicata alla tecnologia digitale che nel 2019 sarà ancor più rilevante in ambito culturale e sociale di quanto non lo sia adesso. Tutto ciò costituisce per una ECOC un approccio lungimirante ed innovativo”.

Importante anche la media partnership con il network televisivo TRM che ha consentito di arrivare a tutti i cittadini lucani vicini e lontani (elevati i numeri della diaspora lucana) e che ha anche favorito la partecipazione di tutta la Basilicata alla candidatura. Ma anche di mettere a punto un’esperienza pilota di racconto su scala europea della candidatura di Matera e di quanto avviene nelle Capitali della cultura presenti.

Fondamentale infine il ruolo della radio, che attraverso Materadio, il Festival di Radio Tre, è stato strumento non solo di diffusione ma soprattutto di cocreazione e di coproduzione di contenuti con altre città e radio europee.
Il progetto Matera 2019 considerato “visionario e innovativo” doveva essere fondato su atti amministrativi concreti che dessero prova dell’affidabilità del processo istituzionale messo in piedi. All’esigenza di mostrare alla Commissione la fattibilità del progetto Matera 2019, si aggiungeva l’esigenza di mostrare a noi stessi e alla città che il percorso di candidatura – qualunque fosse stato il risultato- avrebbe comunque “lasciato qualcosa”, in quanto aveva messo in moto un processo di cambiamento, progettualità e accreditamento internazionale oramai irreversibile. Pertanto, durante la fase della candidatura, è stato avviato un lavoro congiunto con le principali istituzioni sostenitrici – Regione e Comune di Matera- volto a dar luogo alla Fondazione Matera-Basilicata 2019 e allo schema di Accordo di Programma che stanziava 31 milioni di euro. Da far entrare in funzione anche se si non fosse vinto. L’obiettivo non era solo allocare una dotazione finanziaria, ma coniugare il programma di Matera 2019 con la strategia urbana e regionale, affinché si rendesse esplicito il suo valore aggiunto alle politiche ordinarie di innovazione e inclusione sociale, turismo, rigenerazione urbana e rurale, ecc.

“Si tratta di uno dei più limpidi esempi, in anni recenti, di programma di città candidata pensato come parte di un piano strategico e non come semplice candidatura per una competizione”.
In tale lavoro, in termini infrastrutturali, si è scelto di potenziare l’accessibilità e di realizzare opere esemplari dal punto di vista del processo e delle soluzioni progettuali, a bassa definizione architettonica, attente ai nuovi modelli di produzione, fruizione e partecipazione e diffuse anche nelle periferie urbane e regionali. Avendo come obiettivo un turismo sostenibile ed empatico, basato sull’incremento dei giorni di permanenza e sulla costruzione di relazioni durevoli tra abitanti permanenti e abitanti temporanei (appunto i turisti).

L’eredità che il progetto Matera 2019 ha inteso lasciare è data anche dalla crescita del capitale umano e sociale, affinché le ambizioni culturali espresse dal programma Matera 2019 vadano di pari passo con le capacità locali di realizzarle. Ecco perché il programma Matera 2019 è un processo cadenzato in 3 bienni, dedicati alla costruzione di competenze e messa in rete europea (Build up), alla coproduzioni europee e alla loro messa in scena ed infine alla riproduzione e distribuzione di quanto realizzato (punto dolente della filiera creativa locale).

Si prevede un poderoso programma di build up che mira a creare (qui ed ora) una squadra di manager culturali, un team di ambasciatori digitali, nuove competenze nel coinvolgimento dei pubblici nelle produzioni culturali e un programma per la “burocrazia creativa”, per trovare modelli e pratiche amministrative atte ad incoraggiare e promuovere la libertà creativa.

Gli abitanti di Matera e della Basilicata, in quasi cinque anni di candidatura, hanno imparato che la sfida per diventare capitale li può migliorare ogni giorno, li induce a mettersi in gioco, a ridiscutere ogni forma di sapere e di azione. Open future: questo è lo slogan lanciato da Matera 2019 che prefigura un modello di cultura aperta, accessibile a tutti, grazie anche alle licenze aperte e nuovi processi di apprendimento. Dunque, un futuro aperto in cui la produzione culturale non è concentrata in poche grandi città o istituzioni culturali ma in cui anche nelle piccole e medie città un sempre maggior numero di persone può generare cultura. Ed uno dei progetti di Matera che più interpreta il concept di Open Future è dato dal progetto Idea, che propone il progetto di istituto demoantropologico non come mera collezione permanente bensì come archivio degli archivi delle memorie, da rendere accessibili in formato digitale perché diventino nutrimento per l’arte.

Proprio perché come ha detto Luca Dal Pozzolo, il patrimonio e la memoria non sono qualcosa da commemorare e musealizzare, ma materia da allestire di nuovo sguardo e senso: dei cantieri che possono essere valorizzati e scoperti con il tempo di oggi e con gli sguardi multipli delle nuove cittadinanze europee e del mondo.